lunedì 31 ottobre 2011

Oggi sono morta
Ma non è successo niente

Esattamente come quando
Muoiono gli altri

E’ questa indifferenza collettiva
L’aspetto più democratico
E terroristico

E’ questa condivisione
Nella sorte del nulla

democratica
E terroristica

Oggi morendo
Ho capito

Quando tu mi parli appeso alla televisione
Quando tu mi parli appeso su face-book
Quando  tu mi parli appeso su

Quando tu mi spieghi
I punti del tuo programma
Democratico e terroristico

Ma c’era bisogno di morire?
Sarebbe bastato molto meno.

Oggi ho capito
Ho un foro da qualche parte
Una pallottola democratica
e terroristica
Oggi ha preso
me

domenica 30 ottobre 2011

Teatro di sangue

E' tempo d'uccidere.

Non perdere tempo.
Ammazza.
 Questa qua è la città ideale
La tua, la mia.
 A questo punto siamo arrivati
così
t'ammazzo per niente
o per molto di più
fa lo stesso.
 E' tempo di uccidere
di fare la guerra
non si va nel sottile
 Scassare
corpi
vetrine
 scassare
vite.
 Di te mi importa quel tanto
che ti posso ammazzare.
 Che vita sarebbe
senza tutto questo
sangue
 questa cronaca
di morte
 questi video
di morte
 barbari
 là, qua
 non c'è differenza
 un re
un rais
un poveraccio
 non si fa più distinzione
 assassinii di massa
assassinii democratici
assassinii globali
 A chi toccherà domani?
 E noi seduti a guardare
questo teatro del sangue
 spettatori di sangue
 non serve più il teatro
non serve più il cinema
non serve più nulla
tutto questo è da buttare
 davanti a noi
lo spettacolo di sangue
è gratis
è gratis
abbiamo un futuro gratis
a chi tocca domani?
E tu, e tu
sei disposto a farti ammazzare
sei disposto a questo spettacolo?
non dire di no
tanto prima o poi
ti tocca.
Ammazza ammazza
 è teatro di sangue

Ballata del black bloc ovvero della prima fine del mondo

Oh, io sono un black bloc

Mi vesto di incazzato nero
Ecco il vestito più vero
Posso essere un infiltrato
Figlio di un agente compagno di reato
Posso essere un pargolo bene educato
Smarrito dal babbo e dalla mamma in ufficio
Posso essere una bambina
Che andava a scuola bellina
Ma ora non più il gioco si fa serio

Oh,  ci vestiamo di scuro
Siamo incazzati neri
Perché ci hanno rubato il futuro
I debiti ce li abbiamo sulla testa
E pesano come macigni
Dobbiamo pagare per loro
Siamo senza futuro!

Quelli che hanno preso
I ragazzi la faranno per noi
Così è stato così è sempre
Non si punisce il reato

Ritorneremo la prossima volta
Sfasceremo le vetrine
Le macchine le cantine
Sfasceremo la città.
Da New York ad Atene
Ecco i nuovi moti
Le nuove sirene

Le banche non son più luoghi sicuri
e i tuoi soldi triturati in
in siti oscuri.

Canzone per il mio teatrino

Nel mio teatrino

di legno
fiero
sincero
birbante
naif
indipendente
si rappresenta la vita.

Chiamatelo niente!

Sotto
han casa le lucertole
ma è sul prato accanto
il loro teatro.

Viene gente da tutto il mondo
a volte meno
a volte si fa lo sconto.

Chiamatelo niente!

Teatrino
di legno
indipendente
naif
birbante
sincero
fiero.

Sopra, in soffitta
il geco
grande maestro
macchinista
controlla a vista.

In questo teatrino
i bambini portano a spasso
genitori
e poi
li fanno accomodare
fuori!

Teatrino di legno
con attori di carne
con scene di verdura
in sal(s)a scura.
Si maschera con la patata.
Si lessa si frigge si scodella.

Teatrino periurbano
in campagna vicino lontano.

Domani prende il volo,
giuro.

Notturno di switch off

Oh, switch off, come ti aspetto

quando tutto sarà buio
quando tutto sarà silente
quando le puttane del gran vizir
mi faranno ciao per l'ultima volta
con i loro culi ballerini

Oh, switch off, come ti aspetto
che gioia
qualcuno per certo si oblierà
mucchi di decoder agli angoli delle strade
gli invenduti
qualche ragazzo si perderà
in qualche collegamento sbagliato

Oh, switch off
È l’occasione
Per non sentir belare le pecore
Per non sentir urlare i caproni
Per non dargli retta
Più

Oh, switch off
nessuna traduzione 
è giusta per te

tu sei sintagma
l'intraducibile
switch off

All'artista lecchino (ovvero poesia alla maniera del Giusti)

Caro artista lecchino

al tuo arrivo m'inchino.

Tu non perdi occasione
di mostrarti coglione
e pronto ci appari
coi tuoi canti e belati.

A ogni nuova stagione
tu applaudi il potente
appeso al loggione
come un deficiente.

Tu sei pronto a lodare
chi ti vuole e ti piace.

E seppur bestemmiando
ti dichiari fedele
a comando.

Perché criticarti
se la fama ti muove
se l'urgenza ti preme
se la fame ti opprime?

Caro artista lecchino
vaffanculo un pochino.

(19 settembre 2011)
Hanno aperto un portone
Mi hanno minacciata.
Lo so che non ve ne importa gran ché
Una minaccia durata un soffio
Il tempo di mettermi seduta
sull'ultima sedia rimasta

Una minaccia impossibile
Da denunciare
Una minaccia leggera come un soffio

Hanno sentenziato
Che devo scegliere

O fai l’artista
O basta con la politica
O basta con gli scritti
O basta con le polemiche
O basta
Se fai l’artista
O stai a bocca chiusa
A cervello socchiuso
La giusta apertura
O basta con la storia

O basta con i cachet gli ingaggi
L’artista se vuol essere ingaggiato
Deve morire
Solo se muore
Può vivere

Come? Ho chiesto
Potete ripetermelo
Non ho capito.

Hanno ripetuto.

D’altronde d’artisti
Ne abbiamo in abbondanza
Definitivamente troppi – dannazione!

Nessuno si accorgerà se lei scompare
Lo capisce?
Lo capisco?

Anzi per favore scompaia,
mi faccia il favore di togliersi dalle palle
o di essere come gli altri
ma chi crede di essere?

la deve smettere con le parole
la deve smettere con l’impegno

Siete rimasti due o tre
a camminare sul grimo
Gli altri si sono allineati
Un passo indietro dal baratro
camminano sicuri
lo faccia anche lei!

Insomma
Le posso dare due briciole tre
se la smette
Così non morirà di fame
Avrà il suo spazietto spot

Ma basta con le parole
Ma basta con la politica
Ma basta con quelle canzoni
Ma basta con le polemiche
Ma basta

Abbiamo artisti per riempire le piazze
Abbiamo artisti per riempire le strade
Abbiamo artisti per riempire

Lei è in castigo
E di questo passo ci resterà
Gliel’assicuro
Sono tutti molto arrabbiati con lei
E con quelli della sua razza.

Il portone s’è richiuso
Era alto e spesso
E ha fatto: dum!

(9 settembre 2011)

Per Wen Aiquin, uccisa a Prato

Wen, sono Wen.

Venitemi a prendere, mi hanno sgozzata.

Wen, sono Wen.
Portatemi via
Non sta bene che io rimanga
Inzaccherata del mio sangue
Su questo pavimento.

Wen, sono Wen Aiquin
Cercate mio figlio
È da qualche parte
Cercate mio marito
È da qualche parte.

Amore mio dove sei?
Sono Wen
Almeno tu portami via
Da questa città

Dove abbiamo sbagliato?
Quale strada è stata fatale?

E’ colpa mia lo so tu dirai
Io che ho sognato un altro mondo
Non ce l’ho fatta
Ma non è colpa mia

Wen, sono Wen
Portatemi via
Lavatemi pulitemi

Il mio assassino è là
Il coltello lo ha buttato
Ma le sue mani tremano ancora

Come si chiama questa città
Che ora è

Chi siete voi che ballate sul mio corpo?
Non sta bene, sono pur sempre una donna

Wen, sono Wen.

(23 agosto 2011)

venerdì 28 ottobre 2011

PAGLIACCIA

Io che devo subire
Lo scherno degli arrivisti
Dei perbenisti i sermoni
Striscianti
Su su
Equilibristi animali

Li osservo impotente
Non posso tirarli giù

Mostrare le loro zampe pelose

La loro lunga lingua
Di leccaculo leccacule

Ormai il sesso non  distingue più
Anche questo hanno spazzato via

E la mia fica il tuo cazzo
Non c’è più distanza o differenza
uniti per sempre
in un amplesso di corruzione.

Su su.
Nessuno mi crede.

Alla mia alta età
equilibrista di sorrisi bambini
Pagliaccia m'aggrappo a quegl’ occhi
Altalene dell’ anima.

Per non cadere. 

SABATO 4 GIUGNO 2011

Mi chiamavo Abdel Kebir, venivo dall’Africa

Sono morto a un parcheggio

Di un centro commerciale dimenticato
futuro preterito sgretolato
Pratilia di droga e morte
Presto sul mio cadavere ne costruiranno un altro
Più alto di prima

Almeno sarò servito a questo
Il mio corpo pilastro di centro commerciale
un altro di un altro ancora
Cemento che non vedrò mai svettare sulla città.

Ho sognato sciacalli
Su un prato la notte prima del mio assassinio
Vendevo droga come fiori di campo
è questa la mia colpa
ma non dimenticate il mio nome
come avete fatto con
Donglan, Jilan, Chengwei
annegate nel sottopasso

in questa città si muore

Mi chiamavo Abdel Kebir

(27 giugno 2011)

Cannibali

Cannibali,

siete tutti immancabilmente maschi
le femmine stanno dietro come ritrose
che il lavoro sporco lo facciano quelli
che nacquero per fare cose sporche!

Loro son use comprare
Galline già sgozzate sbuzzate
Che i lavori sporchi li facciano gli altri.

Intanto se ne vanno al supermercato
-la fila è lunga alle sei c’è chi suona il clacson-.

Cannibali
Siete così tenacemente maschi
Che è una sorpresa essere mangiati da voi
Così estetico il vostro egoismo
Eppure così naturale
Morire fra le vostre fauci
Fra un sorriso e uno stuzzicadenti.

Chi lo avrebbe creduto
Ai tempi del dolce latte
Che avreste addentato il capezzolo
Come la parte più ghiotta!

Bisogna mangiare in fretta
Cannibali
Che nulla rimanga sul tavolo!

Alle otto tornano le signore con la spesa già fatta!



Inizio

Qui pubblico alcune poesie che faranno parte della raccolta dal titolo "Poemetti carbonari".
La dedico ai miei avi:  a mio nonno Ottavio Baldi, carbonaio e carbonaro anarchico post quem; al bisnonno Egidio Spinelli, verduraio anarchico di Comeana, Firenze, di cui ereditai in parte i libri e le idee; a mia nonna paterna Ada Benvenuti, di Incisa Valdarno, ottavante superba. A mia nonna materna Osmina Spinelli, che era una fata di Tizzana.

Maila

I PIEDI A' GATTI

Babbo, uso il tuo martello come un pazzo. Che ci farei sennò con tutti questi arnesi che mi ritrovo appesi il bancone su cui picchiavi sega ...